Ricorso della Regione Toscana (P. IVA 01386030488),  in  persona
del presidente pro  tempore  della  giunta  regionale,  dott.  Enrico
Rossi, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 34 del
24 gennaio 2018 rappresentato e difeso, come da mandato in  calce  al
presente atto, dall'avv. Lucia Bora  (c.f.  n.  BROLCU57M59B157V  pec
lucia.bora@postacert.toscana.it)   dell'Avvocatura   regionale,    ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio   dell'avv.   Marcello
Cecchetti, (c.f. CCCMCL65E02H501Q) in Roma, Piazza  Barberini  n.  12
(fax 06.4871847; PEC: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli  articoli  1,
comma 4, lettera b) e 1, comma 11-quater del decreto-legge n. 148 del
16 ottobre 2017, convertito con modificazioni nella legge 4  dicembre
2017 n. 172, per violazione degli articoli 117, 119 e 3 Cost. 
    In data 5 dicembre  2017  e'  stata  pubblicata,  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 284, la  legge  n.  172  del  4  dicembre  2017  che  ha
convertito con modificazioni il decreto-legge  n.  148/2017,  recante
«Disposizioni  urgenti  in  materia  finanziaria   e   per   esigenze
indifferibili». 
    In particolare, l'art. 1, comma 4, prevede che:  «Possono  essere
estinti, secondo le disposizioni di cui all'art. 6 del  decreto-legge
22 ottobre 2016, n. 193 convertito, con modificazioni, dalla legge 1°
dicembre 2016, n. 225 di seguito denominato "Decreto", per quanto non
derogate da quelle dei commi da 5 a 10-ter del presente  articolo,  i
debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione: 
        a) dal 2000 al 2016: 
    1) che non siano stati oggetto di dichiarazioni rese ai sensi del
comma 2 dell'art. 6 del decreto; 
    2) compresi in piani di dilazione in  essere  alla  data  del  24
ottobre 2016, per i quali il debitore  non  sia  stato  ammesso  alla
definizione  agevolata,  in  applicazione  dell'alinea  del  comma  8
dell'art. 6  del  decreto,  esclusivamente  a  causa  del  tempestivo
pagamento di tutte le rate degli stessi piani scadute al 31  dicembre
2016; 
        b) dal 1° gennaio 2018 al 30 settembre 2018». 
    L'art. 1, al comma 11-quater, prevede che: «Con riferimento  alle
entrate, anche  tributarie,  delle  regioni,  delle  province,  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni,  non  riscosse  a  seguito  di
provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  relative  alla  riscossione  delle   entrate
patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639, notificati entro il 16 ottobre 2017, dagli  enti  stessi  e  dai
concessionari della  riscossione  di  cui  all'art.  53  del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i  medesimi  enti  territoriali
possono stabilire, entro sessanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con le  forme
previste dalla legislazione vigente per l'adozione  dei  propri  atti
destinati  a  disciplinare  le  entrate  stesse,  l'esclusione  delle
sanzioni relative alle predette entrate. Alla definizione di  cui  al
periodo precedente si  applicano  le  disposizioni  di  cui  all'art.
6-ter, ad esclusione del comma 1, del decreto. Sono fatti  salvi  gli
effetti gia'  prodotti  dall'eventuale  definizione  agevolata  delle
controversie  tributarie  deliberata  dai  predetti  enti  ai   sensi
dell'art. 11 del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50, convertito,  con
modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96». 
    Con le citate disposizioni  e'  stato  esteso  all'anno  2017  il
meccanismo della c.d. «rottamazione delle cartelle esattoriali»  gia'
previsto dagli articoli  6,  comma  1,  6,  comma  10,  e  6-ter  del
decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016 convertito con modificazioni
nella legge 1° dicembre 2016, n. 225, e gia' oggetto  di  impugnativa
da parte della Regione Toscana (R.G. n. 9/2017 ricorso pendente). 
    In particolare, l'art. 6, comma 1, del decreto-legge n.  193/2016
prevede che: «Relativamente ai carichi  affidati  agli  agenti  della
riscossione dal 2000 al 2016, i debitori possono estinguere il debito
senza  corrispondere  le  sanzioni  comprese  in  tali  carichi,  gli
interessi di mora di cui  all'art.  30,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 29  settembre  1973,  n.  602  ovvero  le
sanzioni e le somme aggiuntive di  cui  all'art.  27,  comma  1,  del
decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento
integrale delle somme di cui alle lettere a)  e  b),  dilazionato  in
rate sulle quali sono dovuti, a decorrere dal  1°  agosto  2017,  gli
interessi nella misura di cui all'art. 21, primo comma,  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Fermo  restando  che
il 70 per cento  delle  somme  complessivamente  dovute  deve  essere
versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018,  e'
effettuato il pagamento, per l'importo da  versare  distintamente  in
ciascuno dei due anni, in rate di pari ammontare, nel numero  massimo
di tre rate nel 2017 e di due rate nel 2018: 
        a) delle somme affidate all'agente della riscossione a titolo
di capitale e interessi; 
        b) di quelle maturate a favore dell'agente della riscossione,
ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112,
a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a)  e  di  rimborso
delle spese per le procedure esecutive,  nonche'  di  rimborso  delle
spese di notifica della cartella di pagamento». 
    L'art. 6, comma 10, prevede che: «Sono esclusi dalla  definizione
di cui al comma 1 i carichi affidati agli  agenti  della  riscossione
recanti: 
        a) le risorse  proprie  tradizionali  previste  dall'art.  2,
paragrafo 1, lettera a), delle  decisioni  2007/436/CE,  Euratom  del
Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom  del  Consiglio,
del  26  maggio  2014,  e  l'imposta  sul  valore  aggiunto  riscossa
all'importazione; 
        b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato  ai
sensi dell'art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio,  del
13 luglio 2015; 
    c) i crediti derivanti da pronunce di condanna  della  Corte  dei
conti; 
    d) le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito
di provvedimenti e sentenze penali di condanna; 
    [e) le sanzioni amministrative per  violazioni  al  Codice  della
strada]; 
    e-bis)  le  altre  sanzioni  diverse  da  quelle   irrogate   per
violazioni tributarie o per violazione  degli  obblighi  relativi  ai
contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali». 
    L'art. 6-ter  (rubricato  «Definizione  agevolata  delle  entrate
regionali e degli enti locali») - articolo inserito  dalla  legge  di
conversione - prevede, al primo comma,  che:  «Con  riferimento  alle
entrate, anche  tributarie,  delle  regioni,  delle  province,  delle
citta'  metropolitane  e  dei  comuni,  non  riscosse  a  seguito  di
provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  relative  alla  riscossione  delle   entrate
patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639, notificati, negli anni dal 2000 al 2016, dagli enti stessi e dai
concessionari della  riscossione  di  cui  all'art.  53  del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i  medesimi  enti  territoriali
possono stabilire, entro sessanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con le  forme
previste dalla legislazione vigente per l'adozione  dei  propri  atti
destinati  a  disciplinare  le  entrate  stesse,  l'esclusione  delle
sanzioni relative alle predette entrate. Gli enti territoriali, entro
trenta giorni, danno notizia dell'adozione dell'atto di cui al  primo
periodo   mediante   pubblicazione   nel   proprio   sito    internet
istituzionale». 
    Le impugnate disposizione sono lesive delle competenze  regionali
per i motivi gia' esposti nel precedente ricorso  e  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
1.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  4,   del
decreto-legge n. 148/2017 come convertito in legge n. 172/2017, nella
parte in cui consente, relativamente a tutti i carichi affidati  agli
agenti della riscossione dal 2000 al 2016 e dal 1° gennaio 2017 al 30
settembre 2017, senza  distinzioni  fra  tributi  statali  e  tributi
regionali, di estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni  e
gli interessi di mora, in violazione degli art. 117, terzo  e  quarto
comma, e 119, primo e secondo comma, Cost. 
    La norma in esame prevede che relativamente a tutte  le  cartelle
esattoriali affidate all'Agente  della  riscossione  (Equitalia)  dal
2000 al 2016, che non siano stati gia' oggetto di dichiarazioni o per
i quali il debitore non sia stato ammesso alla definizione  agevolata
e per quelle affidate dal 1° gennaio al 30 settembre 2017, i debitori
possano estinguere il debito senza corrispondere le  sanzioni  e  gli
interessi di mora (c.d. «definizione agevolata» o «rottamazione delle
cartelle esattoriali»). 
    In merito va  premesso  che  la  Regione  Toscana  si  avvale  di
Equitalia  per  la  riscossione  coattiva  dei  tributi  di   propria
spettanza. 
    Percio'  la  disposizione  normativa  citata,   laddove   prevede
obbligatoriamente, anche per i tributi di  competenza  regionale,  la
definizione agevolata, non prevedendo tra le esclusioni la  specifica
ipotesi di esclusione dall'applicazione della  definizione  agevolata
per le  entrate  tributarie  regionali  e'  lesiva  delle  competenze
regionali, in quanto contrasta con l'autonomia  tributaria  regionale
costituzionalmente  riconosciuta   dall'art.   119   Cost.,   nonche'
determina un'incisiva riduzione dell'incasso tributario della Regione
Toscana. L'art. 119 Cost. assicura «autonomia finanziaria di  entrata
e di spesa»  a  regioni,  province,  comuni  e  citta'  metropolitane
prevedendo che tali enti «stabiliscono e applicano tributi ed entrate
propri, in armonia con  la  Costituzione  e  secondo  i  principi  di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 
    L'attuale testo dell'art. 119 Cost. ha affermato il passaggio  da
un sistema accentrato di finanza  derivata,  ad  un  sistema  fondato
sull'autonomia  di  entrata  e  di  spesa  in   cui,   nel   rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci  e  concorrendo  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione  europea,  i  comuni,  le  province,  le
citta' metropolitane  e  le  regioni,  che  hanno  risorse  autonome,
stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario. 
    Essi, poi, dispongono di compartecipazioni al gettito di  tributi
erariali riferibile al loro territorio. 
    Per l'attuazione dell'art. 119 Cost. e' stata emanata la legge  5
maggio 2009 n. 42 (legge delega sul c.d. federalismo fiscale). 
    Al riguardo, occorre anzitutto  ricordare  che  l'art.  7,  della
citata legge n. 42 del 2009, definisce i vari tipi di «tributi  delle
regioni», ricomprendendo: 
        1) i «tributi propri derivati», cioe' istituiti e regolati da
leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni; 
    2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali; 
    3) i «tributi propri» istituiti dalle regioni con proprie  leggi,
in relazione ai presupposti  non  gia'  assoggettati  ad  imposizione
erariale. 
    Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare
le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e
secondo criteri fissati dalla legislazione  statale  e  nel  rispetto
della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali  possono
essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e  detrazioni
nei limiti posti dalla legge statale. 
    I principi e criteri  direttivi  di  cui  alla  legge  delega  n.
42/2009 sono stati attuati, per quanto  qui  interessa,  dal  decreto
legislativo n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in materia di «Ulteriori
tributi regionali», prevede che: 
    «Ferma restando la facolta' per  le  regioni  di  sopprimerli,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013, sono  trasformati  in  tributi  propri
regionali la tassa per  l'abilitazione  all'esercizio  professionale,
l'imposta regionale sulle concessioni statali dei  beni  del  demanio
marittimo,  l'imposta  regionale  sulle   concessioni   statali   per
l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa
per l'occupazione di spazi ed  aree  pubbliche  regionali,  le  tasse
sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni  sonore  degli
aeromobili» (1) 
    Al successivo comma 2 del  medesimo  articolo,  si  prevede  che:
«Fermi restando i limiti massimi  di  manovrabilita'  previsti  dalla
legislazione   statale,   le   regioni    disciplinano    la    tassa
automobilistica regionale». 
    Il comma 3 stabilisce poi  che  sono  riservati  alle  regioni  a
statuto ordinario  gli  altri  tributi  ad  esse  riconosciuti  dalla
legislazione  vigente,  che  costituiscono  tributi  propri  derivati
(comma 3). 
    Inoltre, spettano alle  regioni  a  statuto  ordinario  le  altre
compartecipazioni al gettito  di  tributi  erariali,  secondo  quanto
previsto dalla legislazione vigente (comma 5). 
    Il  richiamato  art.  8   presuppone,   pertanto,   una   duplice
trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi  diventano
tributi  propri  regionali,  di  talche'  ciascuna  regione  potrebbe
sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti  alle  regioni  dalla
legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati,
senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i
tributi stessi. 
    In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella  sentenza  n.
288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6  maggio
2011, n. 68 (disposizioni in  materia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore   sanitario),   che
costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009,  dopo  aver
disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di  tributi
statali in tributi propri  regionali  (a  decorrere  dal  1°  gennaio
2013), al comma  2  precisa  "fermi  restando  i  limiti  di  massima
manovrabilita',  previsti  dalla  legislazione  statale,  le  regioni
disciplinano la tassa automobilistica regionale"; per poi aggiungere,
al comma 3, che alle Regioni a statuto ordinario spettano  gli  altri
tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data  di
entrata in vigore del decreto  stesso,  aggiungendo  che  i  predetti
tributi costituiscono tributi propri derivati». 
    Per quanto attiene alla dimensione «dinamica»,  merita  segnalare
che l'art. 9 del decreto n. 68/2011 assicura il riversamento  diretto
alle regioni dell'intero gettito derivante dall'attivita' di recupero
riferita  ai  tributi  regionali  propri  di  tipo  derivato  e  alle
addizionali alle basi imponibili dei  tributi  erariali  disciplinati
nel predetto decreto. 
    La ricorrente non ignora che la disciplina  della  maggior  parte
dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e  le
addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono
stati ritenuti da numerose pronunce di codesta  Corte  costituzionale
rientranti nella materia  «ordinamento  tributario  dello  Stato»  di
competenza legislativa esclusiva statale (art.  117,  secondo  comma,
Cost.), a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle regioni. 
    Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'. 
    In primo luogo, infatti, le norme impugnate si applicano anche ai
tributi regionali di  cui  all'art.  8  del  decreto  legislativo  n.
68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti  ai  legislatori  regionali  la
competenza legislativa in relazione ai tributi propri  c.d.  autonomi
(o in senso stretto) cioe' a quelle forme di prelievo istituite dalla
legge regionale o in relazione alle quali sono  state,  alla  stessa,
ceduti  tutti  gli  ambiti  di  disciplina  da  parte  dello   Stato,
originario titolare. 
    Tali tributi possono essere  interamente  disciplinati,  e  anche
soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente  al  rispetto
dei principi di coordinamento. Del resto,  la  Corte  costituzionale,
gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n.  102/2008
ha riconosciuto alle  Regioni  una  «potesta'  legislativa  esclusiva
nella   materia   tributaria   non   espressamente   riservata   alla
legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio  di  tale  facolta'
non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera  circolazione
delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto  comma  e
120, primo comma, Cost.». 
    Pertanto, con riferimento ai tributi  propri  in  senso  stretto,
come sopra  identificati,  la  normativa  nazionale  impugnata  nello
stabilire  che  la  «rottamazione  delle  cartelle  esattoriali»   si
applichi obbligatoriamente ed in modo  automatico  anche  ai  tributi
regionali, contrasta con l'autonomia riconosciuta dall'art. 119 Cost,
come attuato dal decreto legislativo n. 168/2011, e con il sistema di
riparto delle competenze stabilito dall'art. 117 Cost. 
    In  secondo  luogo,  poi  la   non   coerenza   delle   censurate
disposizioni  rispetto  all'art.  119  Cost.   sussiste   anche   con
riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri  derivati  e
addizionali)  in  quanto  le   stesse   ingiustificatamente   privano
l'Amministrazione  regionale  di  una  fonte  di  entrata,  senza  al
contempo  prevedere  alcuna  compensazione  per  quelle  regioni  che
dimostrino  di  essere  «virtuose»  nel  recupero  dei  loro  crediti
tributari. 
    La norma nazionale e' fondata sull'erroneo presupposto che  dalla
definizione agevolata derivera' per  tutti  gli  enti  un  incremento
delle entrate tributarie. Tuttavia tale dato non e' fondato. 
    Considerato infatti che, con riferimento ai soli tributi  gestiti
direttamente dalla Regione Toscana (tassa auto, tributo speciale  sul
conferimento  in  discarica,  imposta  regionale  sulle   concessioni
statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile  e  tassa
sulle concessioni regionali), il carico (al netto delle sanzioni)  e'
pari a circa 400 milioni di euro,  si  puo'  ragionevolmente  pensare
che, secondo il calcolato tasso di adesione, vi sara' un  incasso  di
circa 4 milioni di euro. 
    Sempre  relativamente  ai  tributi  gestiti  direttamente   dalla
ricorrente, e' stato calcolato che  la  riduzione  degli  incassi  da
sanzioni e interessi (condonati) sara' pari a circa  6,5  milioni  di
euro, la quale non viene quindi compensata dal condono. Si registrano
2,5 milioni di euro di mancato incasso gia' il primo anno. 
    Percio' il tasso di adesione necessario a compensare gli  effetti
del condono, dovrebbe essere circa  l'1,6%  netto,  ipotesi  tuttavia
priva di riscontro. 
    La Regione, dunque, subisce una perdita di entrate annue  di  2,5
milioni  di  curo,  senza  che   sia   prevista   alcuna   forma   di
compensazione. 
    Tale effetto negativo per le entrate regionali si produce,  oltre
tutto, sulla base di un presupposto del tutto casuale: l'aver  deciso
anni addietro di avvalersi di Equitalia come  agente  di  riscossione
coattiva. 
    Occorre  inoltre  considerare   che   per   i   tributi   gestiti
direttamente, in Regione Toscana l'azione di recupero fiscale risulta
molto piu' tempestiva rispetto a quella media degli Enti statali. 
    L'iscrizione a ruolo e la conseguente  emissione  della  cartella
esattoriale, nei confronti dei contribuenti  non  in  regola  con  il
pagamento dei tributi, rappresenta l'ultimo atto di gestione compiuto
dal soggetto attivo d'imposta. Questa fase arriva dopo che sono state
effettuate varie attivita' volte a  definire  la  pretesa  tributaria
dell'Amministrazione.  L'esito  positivo  dell'incasso  dei   tributi
contestati deriva anche dalla durata delle fasi di recupero: maggiore
e' la  durata,  minore  e'  l'incasso  e  viceversa.  Tutto  cio'  e'
facilmente comprensibile  in  quanto  con  il  passare  del  tempo  i
soggetti passivi d'imposta, ad esempio, si trasferiscono, modificano,
trasformano, cessano l'attivita'. 
    Per questo motivo, la Regione Toscana ha  cercato  di  ridurre  i
tempi per il recupero delle  somme  evase  in  modo  che  i  debitori
abbiano ancora «conoscenza»  dei  tributi  non  corrisposti  e  siano
ancora in grado di liquidare quanto dovuto. 
    La Regione Toscana ha quindi iscritto a ruolo tributi non pagati,
anche di recente formazione. 
    A titolo esemplificativo, nell'anno  2015,  e'  stata  consegnata
all'Agente della riscossione buona  parte  dei  crediti  della  tassa
automobilistica non pagata nel 2013 che, nel rispetto  dei  tempi  di
prescrizione, adesso potrebbe essere ancora recuperata  in  una  fase
precedente al ruolo con sanzioni che non sarebbero state  oggetto  di
sanatoria. 
    Pertanto, non  e'  affatto  vero  che  la  definizione  agevolata
determini entrate certe ed immediate per le Regioni. Infatti  non  in
tutti i casi il condono fiscale puo' avere effetti positivi,  perche'
qualora, come sopra  detto,  l'azione  di  riscossione  coattiva  sia
tempestiva, il recupero e' efficace e quindi il condono determina una
contrazione delle entrate. 
    L'analisi  della  riscossione  delle   cartelle,   effettuata   a
consuntivo sui dati del 2017 (sino al 20 novembre), dimostra che, con
riferimento alla Regione Toscana, il  condono  in  questione  non  ha
avuto quegli effetti positivi che erano stati annunciati: sulla tassa
automobilistica nel 2017 si e' avuto addirittura un decremento  delle
entrate relative alla fase coattiva di  circa  4,5  milioni  di  euro
rispetto al 2016 (si deposita la relazione  del  dirigente  regionale
del settore politiche fiscali e riscossione in data 19 dicembre  2017
per tale verifica a consuntivo: doc. 2). 
    La definizione agevolata non e' quindi destinata ad  incrementare
il gettito delle entrate regionali, cosi' come invece prospettato dal
Governo  nazionale,  ma,  al  contrario,  le  disposizioni  impugnate
riducono il gettito dei tributi regionali propri  e  derivati  di  un
importo tale da impedire il  corretto  esercizio  delle  attribuzioni
della Regione, cosi' violando la sua autonomia finanziaria (art.  119
Cost.). 
    Tale riduzione  di  gettito  incide  negativamente  sul  corretto
esercizio delle funzioni costituzionalmente garantite dall'art.  117,
terzo e quarto comma Cost. e, inoltre premia le amministrazioni  meno
tempestive e meno efficienti in danno delle regioni virtuose. 
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  11-quater  del
decreto-legge n. 148/2017, come  convertito  in  legge  n.  172/2017,
nella parte in cui consente alle regioni, alle province, alle  citta'
metropolitane  e  ai  comuni  che  utilizzano,  per  la   riscossione
coattiva, l'ingiunzione fiscale,  ai  sensi  del  testo  unico  delle
disposizioni  di  legge  relative  alla  riscossione  delle   entrate
patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910,  n.
639,  notificati  dagli  enti  stessi  e  dai   concessionari   della
riscossione di cui all'art. 53 del decreto legislativo  n.  446/1997,
di non aderire alla definizione agevolata di cui all'art. 6, comma 1,
decreto-legge n. 193/2016 mentre non consente la medesima facolta' di
scelta agli enti che utilizzano lo strumento  del  ruolo  esattoriale
per la riscossione coattiva, in violazione  dell'art.  117,  terzo  e
quarto comma, 119, primo e secondo comma  Cost.,  nonche'  violazione
dell'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento. 
    L'art.  1,  comma  11-quater  del  decreto-legge   n.   148/2017,
introdotto dalla legge di conversione n. 172/2017, prevede che:  «Con
riferimento alle entrate,  anche  tributarie,  delle  regioni,  delle
province, delle citta' metropolitane e dei  comuni,  non  riscosse  a
seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale ai  sensi  del  testo
unico delle disposizioni di legge  relative  alla  riscossione  delle
entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto  14  aprile
1910, n. 639, notificati entro il 16 ottobre 2017, dagli enti  stessi
e dai concessionari della riscossione di cui all'art. 53 del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i  medesimi  enti  territoriali
possono stabilire, entro sessanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore della legge di conversione del presente decreto, con le  forme
previste dalla legislazione vigente per l'adozione  dei  propri  atti
destinati  a  disciplinare  le  entrate  stesse,  l'esclusione  delle
sanzioni relative alle predette  entrate.  Alla  definizione  di  cui
periodo precedente si  applicano  le  disposizioni  di  cui  all'art.
6-ter, ad esclusione del comma 1, del decreto...». 
    La disposizione citata prevede, per le regioni e gli enti locali,
la facolta' di regolamentare la definizione agevolata delle  entrate,
anche  tributarie,  non  riscosse  a'  seguito  di  provvedimenti  di
ingiunzione fiscale di cui al regio decreto n. 639/1910. 
    Il comma 11-quater fa riferimento alle sole  ingiunzioni  fiscali
di cui al citato regio decreto n. 639 del 1910 notificate negli  anni
2000 - 2016 e dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 dagli enti stessi e
dai concessionari della riscossione di cui all'art.  53  del  decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (soggetti privati  abilitati  ad
effettuare attivita' di liquidazione e di accertamento e  riscossione
dei tributi). 
    La disposizione  lascia  ampi  margini  di  autonomia  agli  enti
rispetto  ai   criteri   direttamente   normati   dall'art.   6   del
decreto-legge n. 193/2016 per i carichi inclusi  nei  ruoli  affidati
all'agente della riscossione, quali per esempio, la  possibilita'  di
prevedere la definizione agevolata solo per determinate annualita'  e
solo per alcune delle entrate di propria competenza. 
    Orbene,   tale   disposizione   introduce   un'irragionevole    e
ingiustificata disparita' di trattamento tra le regioni  e  gli  enti
locali che hanno  affidato,  a  suo  tempo,  (come  ha  fatto,  nello
specifico, la Regione Toscana)  la  riscossione  coattiva  all'Agente
della riscossione - Equitalia, rispetto agli enti che hanno scelto di
avvalersi dei concessionari privati. 
    Mentre, infatti, i primi sono obbligati, ai  sensi  dell'art.  6,
comma  1,  del  decreto-legge  n.   193/2016,   a   sottostare   alla
«rottamazione delle cartelle  esattoriali»,  cosi  come  stabilita  a
livello nazionale, gli altri hanno la possibilita'  di  regolamentare
autonomamente  la  suddetta  definizione   agevolata,   compresa   la
possibilita' di non prevederla, con evidente violazione del principio
di parita' di trattamento di cui all'art. 3 Cost. 
    E',   dunque,   manifestamente   ingiustificato,   illogico    ed
irrazionale il  trattamento  differenziato  (e  deteriore)  riservato
dalla normativa impugnata a quelle regioni e enti  locali  che  hanno
scelto di avvalersi, come agente della riscossione, di Equitalia. 
    La Regione  e'  legittimata  a  far  valere  tale  disparita'  di
trattamento, posto che la violazione dell'art. 3 Cost. in questo caso
determina un minor introito delle entrate regionali  per  le  regioni
che si avvalgano di Equitalia per la riscossione coattiva, senza  che
la regione stessa possa accettare e condividere tale conseguenza,  in
violazione, dunque, dell'autonomia garantita dagli articoli 117 e 119
Cost. 

(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio  decreto  31
    agosto 1933, n. 1592, dall'art 121  del  decreto  del  Presidente
    della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli artt. 1, 5 e 6 del
    decreto-legge  5  ottobre   1993,   n.   400,   convertito,   con
    modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494,  dall'art.  2
    della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli artt. 5 e 3 della legge
    16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da 90 a 95 della legge  21
    novembre 2000, n. 342.